La mia esperienza universitaria
Pensavo di scrivere questo post soltanto dopo aver superato anche l’ultimo esame che mi separa dalla laurea, ma direi che è comunque un buon momento per tirare le somme degli anni passati a studiare presso la facoltà di Informatica dell’Università di Pisa.
Se dovessi descrivere con una sola parola la mia esperienza universitaria, estenuante credo sia la più adatta. Ma andiamo per gradi.
Prima che mi iscrivessi all’università, la mia conoscenza per quanto riguarda la programmazione e l’informatica in generale (intesa come Computer Science) era pari a zero. I motivi principali sono due:
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un Liceo Scientifico che di “scientifico” aveva ben poco, prediligendo materie come Latino e Anatomia (cammuffata con il nome di Biologia) e penalizzando materie come Fisica, Matematica e Chimica. Forse puntavano a sfornare medici e umanisti?
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ho scoperto il mio (reale) interesse per l’informatica troppo tardi, quando ormai ero alla fine del quarto anno del suddetto Liceo e “non c’era più tempo” per cambiare scuola, dato che sarebbe risultato sicuramente in un macello
Ciononostante, mi sono iscritto comunque a Informatica. L’Università dovrebbe dare l’opportunità a tutti di imparare, qualsiasi sia la facoltà e la scuola di provenienza. E questo si è rivelato vero in effetti, ne sono la prova vivente. Allora qual è il problema?
Partiamo dal primo semestre del mio primo anno universitario (a.a. 2017/2018). Le materie erano: Programmazione I e Laboratorio (12 cfu), Analisi Matematica (9 cfu), Logica per la Programmazione (6 cfu). Tutto sommato abbastanza tranquillo; se non fosse che le nozioni teoriche spiegate venivano smitragliate a profusione. Tra l’altro, ripensandoci, non erano nemmeno nozioni così complicate, semplicemente non avevo idea di cosa stessero parlando i professori . Aggiungendo il fatto che Analisi veniva artificialmente resa quasi impossibile per scoraggiare le matricole a continuare il proprio percorso, la mia prima sessione di esami si rivelò un buco nell’acqua: zero esami superati. Mi chiedo ancora cosa mi abbia spinto in quel momento a non mollare gli studi sinceramente. Fortunatamente, qualche mese dopo, la seconda sessione di esami andò meglio: 3 esami superati, ma ormai ero rimasto indietro e gli esami arretrati si sarebbero solo accumulati da quel momento in poi. Non sono uno che riesce a fare i recuperoni di 5 esami in una sola sessione.
Sono andato avanti, tra alti e bassi, ma mi rendevo conto che stavo migliorando, dato che molti concetti mi apparivano sempre più naturali e chiari.
Fastforward al terzo anno accademico (il secondo non credo sia così interessante). Dopo un trasloco repentino l’estate prima, il mio cervello mi aveva concesso di sentirmi un minimo sereno, nonostante la mole di esami ancora arretrati: questo mi ha aiutato a superare 3 esami nel primo semestre (tra cui il mostro demoniaco di Analisi, dopo il settimo/ottavo tentativo) . Ero già pronto a studiare per Calcolo Numerico e Algoritmica per la sessione successiva, così da togliermi altri due bei pesi. Se avete fatto un paio di conti, però, vi sarete resi conto che il periodo di cui sto parlando coincide con un evento globale alquanto disastroso: la pandemia di Covid-19.
Nonostante il trasloco che ho citato sopra, che mi ha comunque aiutato ad avvicinarmi alla stazione del treno, rimanevo un pendolare. Quindi le lezioni a distanza non erano un gran problema, anzi. Il problema era un altro: le modalità di esame si erano convertite quasi tutte in orale senza scritto, e contando che faccio schifo a mettere due concetti in fila e esprimerli senza confondermi ogni mezzo secondo, la mancanza dello scritto rappresentava per me un enorme malus. Aggiungendo il fatto che non avevo una stanza solo mia (voglio starmene tranquillo), ho deciso di non dare esami finché non si sarebbe sbloccato qualcosa. Peccato che, come ben sappiamo, la pandemia è andata avanti per un bel po'.
E così ho passato un anno intero nel nulla e piano piano la voglia di studiare si è “spenta” (insieme al mio entusiasmo, voglia di fare, curiosità e tuttecose). Ormai ero destinato ad andare fuoricorso (non che prima fossi messo così bene).
A Maggio 2021 nuovo trasloco e per la prima volta in 22 anni ho una stanza tutta mia. In vista di questo evento, mi ero rimesso a studiare (non con la stessa voglia che avevo pre-pandemia purtroppo) e a Giugno ero riuscito a superare ben 2 esami a distanza. A questo punto dovevo decidere come affrontare tutti quegli esami che mi stavano pendendo in testa stile spada di Damocle (anche se la definirei più come l’intera armeria).
La strategia vincente necessaria è stata quella di dare un solo esame per ogni sessione (anche straordinaria): in questo modo ho potuto studiare tutte le materie, anche le più pesanti, senza incasinarmi troppo. Forse, se avessi più concentrazione in generale, avrei potuto dare un esame ad ogni appello, ma non so se avrei retto. Purtroppo questo modo di dare gli esami ha un paio di problemi, che forse dipendono da persona a persona: dato che tra una sessione e l’altra intercorrono diciamo 2 mesi, studiare le stesse cose per un periodo tanto lungo può essere molto stancante. Inoltre il ritmo è abbastanza alto: dopo aver superato un esame si passa subito al prossimo, e, nonostante i 2 mesi circa, il cervello inizia a chiedere tregua, dato che lo studio non è molto “spalmato” come per i normali semestri.
Ad oggi mi manca un solo esame (spoiler: è Elementi di Calcolabilità e Complessità, uno dei peggiori, non è detto che lo passi alla prima anche se ovviamente lo spero). Ben 2 anni per recuperare 10 esami. Qualcuno potrebbe dare per scontato che tutto sommato sia soddisfatto di dove sono arrivato: insomma, sono partito da zero e adesso sono molto vicino alla laurea. Ma purtroppo non lo sono del tutto.
Non sono insoddisfatto perché non ho finito nei tempi previsti, ma sono più che altro irritato dal fatto che sia stato fatto palesemente poco o nulla per aiutare gli studenti, con materie ai limiti dell’esoterico relegate a corsi da 6 cfu, o brodaglie da 12 cfu che reiterano cose dette e ridette manco l’atto di dolore. Questo porta ad un alto numero di fuoricorso.
Oltre a questo, la natura prettamente teorica di questo corso di laurea mi lascia con non poche perplessità: sono molto carente in quanto programmatore, quando nel mondo del lavoro si cercano soprattutto programmatori. Non sono nemmeno mai riuscito a sopperire a questa mancanza nel tempo libero, dato che fare qualsiasi cosa di diverso dallo studiare per l’università mi ha fatto sempre sentire in colpa (“se sto facendo x allora potrei anche studiare però”). Non che la teoria sia inutile o poco interessante, tutt’altro. Ma temo che farò parecchia fatica una volta finito il mio percorso.
In soldoni: ho imparato molte cose? Certamente. Putroppo il prezzo per impararle sono stati tempo (più del dovuto e con difficoltà, soprattutto all’inizio), autostima (paradossalmente) e poca considerazione di me stesso.
Spero di aver detto tutto, è uscito fuori un papiro e più lo rileggo, più mi ci perdo lmao.
Quindi spero che questo supplizio finisca in fretta per potermi sentire sperabilmente un po’ più libero, riprendendo le mie passioni e interessi senza che la divinità unipi mi faccia da corvo sulla spalliera.
Alla prossima!